L’apertura delle grandi realtà del lusso verso i mercati orientali è un’attività ormai da tempo avviata, ma la rivoluzione che questa nuova espansione porterà nelle strategie di marca, è ancora agli albori.
I primi segnali che qualcosa stava per cambiare si è intuito nelle collezioni via via sviluppate dalle grandi griffes che, sempre più spesso, si sono lasciate tentare da tendenze e contaminazioni etniche, tali da solleticare l’attenzione delle consumatrici dell’estremo oriente.
Tuttavia, i gusti del target orientale, ed in particolate di quello cinese, che si attesta come il 5° mercato del lusso a livello mondiale, ridefiniranno, e non poco, il valore dei brand delle aziende più quotate del settore high-fashion.
Un’anticipazione è stata rivelata da una recente pubblicazione in tema di consumer trends globali, che approfondisce le preferenze e la percezione del lusso da parte dei consumatori cinesi.
Secondo lo studioso Ewan Rambourg, infatti, il target cinese si sta sempre di più avvicinando ad una concezione del lusso elitario, privilegiando i brand esclusivi e, di conseguenza, più cari ed aspirazionali.
Un’inclinazione crescente verso un’idea di moda che penalizza tutte le griffes che della democratizzazione del lusso e della sovra esposizione del logo hanno fatto un moltiplicatore economico durante gli scorsi anni.
Una di queste è senza dubbio Louis Vuitton, definito dal target cinese un brand per segretarie, troppo popolare, poco appealing ed esclusivo.
Un duro colpo per il valore, tangibile ed intangibile, della griffe francese che paga a caro prezzo la scelta di abbracciare e solleticare un target di fascia media, senza concentrarsi con costanza su quello alto spendente.